Il Tirreno

Le mappe del pericolo riviste pochi mesi fa

Gianni Parrini
Le mappe del pericolo riviste pochi mesi fa

Che differenza con le carte emiliane, che risalgono al 2003. Il rischio viene dettagliato per microzone

31 maggio 2012
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La Toscana come l'Emilia Romagna? Sì. No. Forse. Il terremoto dei giorni scorsi ha scatenato le polemiche nella comunità scientifica e ancor più nell'opinione pubblica: da una parte coloro che sostengono sia necessario rivedere le carte sismiche per non farsi cogliere impreparati; dall'altra chi non sembra affatto stupito di quanto sta accadendo nella pianura Padana. Cerchiamo di capire se anche nella nostra regione il rischio è sottovalutato.

Secondo le mappe dell’Emilia Romagna i Comuni colpiti dal sisma rientrano in aree contrassegnate da una pericolosità media (zona 2) e bassa (zona 3). Anche in Toscana la maggior parte dei centri abitati rientra in queste due categorie. È lecito, dunque, domandarsi se un evento come quello registrato in questi giorni possa verificarsi anche qui: «La possibilità che un sisma di quella portata avvenga in Toscana c'è - spiega Carlo Meletti, sismologo della sezione pisana dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia - ma è poco probabile che si verifichi nelle zone 3, quelle a rischio basso. I pericoli maggiori riguardano le zone 2: Lunigiana, Garfagnana, Montagna pistoiese, Mugello, Casentino, Valtiberina, Valdichiana, Monte Amiata».

La polemica sorta dopo i fatti emiliani secondo Meletti non riguarda tanto la comunità scientifica quanto l'amministrazione regionale: «Occorre distinguere - prosegue - tra la mappa della pericolosità sismica redatta dagli istituti di ricerca e quella fatta successivamente dalle Regioni. Sono queste ultime che inseriscono i Comuni nelle varie zone di pericolosità, stabilendo per ciascuna delle quattro categorie compiti ben precisi in merito alla difesa del territorio, alla verifica dei progetti edili e agli standard da rispettare in fase di costruzione». O almeno questo è quello che dovrebbe avvenire. E proprio qui sta la differenza tra le due regioni: «Dal 2003 l'Emilia Romagna - spiega Meletti - non provvede a una riclassificazione dei Comuni sulla base delle mappe elaborate dagli istituti di ricerca; la Toscana, invece, lo ha fatto una prima volta nel 2006 e una seconda volta pochi mesi fa. L'area colpita dal terremoto era in zona 3 (pericolosità bassa) ma se la mappa fosse stata rivista probabilmente sarebbe finita in zona 2 (pericolosità media».

Altra differenza è data dalla situazione geologica: «Nella pianura padana stiamo assistendo a un fenomeno di convergenza delle faglie - prosegue il ricercatore - In pratica, l'Appennino sta salendo sopra a quella che noi chiamiamo "placca Adriatica". In Toscana, invece, si sta verificando l'opposto: in Garfagnana e Lunigiana le faglie si stanno allontanando. Questo, però, non significa che la situazione sia meno pericolosa. Quelle sono le zone a più alto rischio della nostra regione».

Secondo Meletti, la Toscana è all'avanguardia sul fronte della prevenzione. Perciò, non deve trarre in inganno l'ultima modifica nella classificazione dei Comuni: l'art. 9 della legge regionale n.4 del 31 gennaio 2012, infatti, ha cancellato la categoria 3s (pericolosità compresa fra 3 e 2) e ha fatto rientrare i Comuni che lì erano inseriti nella zona 3. «Non è un abbassamento della guardia - prosegue il sismologo - Semplicemente il superamento di una classificazione fatta su base comunale. La Regione ha avviato da qualche anno un progetto di microzonazione sismica assai più puntuale e preciso, che misura l'indice di accelerazione sismica in un raggio di soli 5 chilometri».

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