Pietretto



I nipoti e noi pronipoti lo chiamavamo lo zi’ Pie’; gli altri lo chiamavano Pietretto; l?anagrafe, Emilio. Pietro, intatti, era piccolo di statura, secco come un chiodo e pelato quanto una patata, ma portava un “borsalino” che dava un tono al suo personaggio. Con Egeria ebbero diciotto figli. Quando questi furono grandi lasciò il podere delle Porcarecce e si dedicò al commercio ambulante. A piedi, con il paniere al braccio girava tutte le case di Selvena e dintorni per comprare uova e vendere rocchetti, aghi, spilli e bottoni. Ma quello che lo caratterizzava era l?allegria, il buon umore, la sveltezza, il parlare, gli occhietti furbi che avevano gran risalto sotto quei sopraccigli glabri. Cantava sempre; pronto alle battute, era scattante come un grillo. La sua dinamicità si manifestava anche nella conversazione: frasi concise, parole abbreviate, anzi contratte, sicché l'interlocutore doveva registrarle con la mente e ripeterle al rallentatore per trovare tutte le sillabe. Ma i suoi discorsi non erano lunghi e questo rendeva tutto più facile.

Lui, il più piccolo, e i suoi fratelli erano rimasti orfani dei genitori da bambini e a volte non riuscivano a soddisfare le esigenze dello stomaco. Spesso Maria Roma lo portava con sé a badare le pecore. Il loro pranzo era una fetta di pane asciutto, che a Pietro non bastava, ma non capiva il perché. Capiva, però, che bisognava aguzzare l?inventiva per lenire la fame. Maria Roma in campagna aveva tanto paura dei toni e dei fulmini. Anche solo nominandoli, li sentiva sopra la testa. Pietro lo sapeva bene e, quando la fame faceva la voce grossa, guardava il cielo e, come se parlasse da solo: “Fra un po’ giù toni, lampi, fulmini, saette…”. La sorellina, pronta, gli riempiva la bocca col pane che c?era: “Zitto! non lo di’…”
Così svelto e furbo Pietro crebbe e ci si mantenne.

Balocchi Emilio di Ambrogio e Bulgarini Virginia, anni 86, nato Selva 4.9.1895, morto Selvena 16.12.1981, colono.

Fonte: La mia gente, Cento anni di storia di un popolo di Lidiano Balocchi