La mia guerra



Un aereo volava basso e girava sopra di noi nella valle della Fiora. Era un bel pomeriggio di sole. Volteggiò tanto, forse cercava un luogo adatto per atterrare, o forse cercava di finire il carburante per tentare un atterraggio di fortuna. Ma la cosa non riuscì. Precipitò tra Selvena e Querciolaia. Gli occupanti, tre soldati americani, fecero una brutta fine. Parte dei loro poveri resti finì sui rami più alti in un bosco, da dove - si dice - il Favron tentava di buttarli giù a colpi di pistola. Si aggiunge poi che lo stesso non volle fosse loro tributata alcuna commemorazione funebre in chiesa e che fossero sepolti chiusi in una cassa improvvisata con quattro tavole di legno: un segno di accanimento inutile.

Nei giorni successivi lo zio Amerigo, allora giovinetto, si recò sul posto e riportò un pezzo di latta concavo, forse della fusoliera, verniciato con i colori delle mimetiche militari. Raccontò quel che aveva visto: gli alberi abbattuti, i pezzi sparsi ovunque, quanto era grande l?aereo, come era fatto, dov?era finito quel pezzo. Io lo ascoltavo curioso. Quel pezzo vagò davanti al podere per molto tempo, finché fu usato come abbeveratoio per gli animali di casa.

Il ricordo è vago, ma credo sia il mio unico ricordo della guerra tra il 1944 e il 1945. A volte dubito perfino che sia vero.

Fonte: La mia gente, Cento anni di storia di un popolo di Lidiano Balocchi