La Toniaccia



Antonia Biserni da sposata viveva a Selvena. Era una donna di quelle che oggi si direbbero all?avanguardia per spirito, grinta e apertura mentale. Bella e intraprendente fin da giovane, qualcuno le aveva dedicato questi versi:

Bella la luna in quelle scale/
Bella la figlia di Pasquale/
Bella è, bella si tiene/
Porta zoccoli e balla bene./
Giovanotti, lasciate sta,/
Casimiro la imbarcherà. (Casimiro De Santis di Selvena la sposerà, n.d.r.).


Toniaccia era il nome con cui si presentava. Battagliera, sveglia e sicura nonostante le sue carenze scolastiche. La fame degli anni di guerra la portarono a mischiare alle faccende di casa e del podere, quelle del commercio, meglio detto del “mercato nero”. Le “imprese” di Toniaccia sono tante. Con il secondo mestiere riforniva la Capitale dei prodotti nostrani: cacio, prosciutti, salami, farine. Viaggiava sui mezzi pubblici, quando c?erano, o sui camion d?occasione; spesso su quelli del Bachiorrini di Castell?Azzara. Al ritorno portava zucchero, riso, caffè, sale... Si dice che una volta viaggiasse sul camion del Bachiorrini carica come un albero della cuccagna di roba nascosta sotto il suo gonnellone nero. Per strada i Carabinieri fermarono il camion per un controllo. Ispezionarono in lungo e in largo il mezzo, poi passarono alle persone. La Toniaccia, dal modo di presentarsi, destava ragionevoli sospetti, tanto che pure un giovane carabiniere fu dell?avviso di voler indagare più a fondo. Ma la Tonia fu più arguta: “Che vuoi frugà’?” lo bruciò, alzandosi il primo giro del gonnellone. Il milite a quella mossa desistette.

Un?altra e poi basta. Quella volta Tonia viaggiava su un mezzo di linea da Castell?Azzara a Manciano ed oltre. Ad ogni paese il pullman si fermava per fare scendere e salire i passeggeri. Giunto a Sorano, Tonia doveva soddisfare una esigenza fisiologica impellente. Si guardò intorno e non vide gabinetti. Non poteva allontanarsi troppo per non rimanere a piedi. Fece un altro giro d?orizzonte e non adocchiò un luogo adatto. Decise: s?accucciò in un angolo della piazza tra il pullman e il muro, si coprì la testa coi suoi gonnelloni e fece pipì. Poi si rialzò di scatto e commentò, rivolta a chi non le era lontano: “Io non ho visto nessuno !”.

In fondo, però, aveva un animo schietto, cui anch?io devo qualcosa. Mia madre racconta che a me piaceva tanto il lardo; gli zii me ne davano forse troppo. Non sapevo parlare, ma per chiedere il lardo mi facevo capire e loro non sapevano dire di no. Sta di fatto che fui colpito da un forte incalorimento all?intestino. Il dottore, oltre le medicine, prescrisse pasti a base di riso. Ma il riso durante la guerra non si trovava. La mamma fu consigliata di chiedere a Tonia. Dal podere si recò a Selvena e la trovò. Trattarono:
- Tu mi porti la farina di grano e io ti dò quanto riso vuoi. Quando vieni, chiedi della Toniaccia, la sorella di Michelaccio e la zia di Guidaccio della Selva. Tutti sanno dove sto.
Mia madre, inesperta, era un po? intimidita dalla sicurezza della donna, ma fece come le era stato detto. La Toniaccia fu leale nel baratto e non approfittò né del bisogno, né dell?inesperienza, sicché io potei portare a termine la cura.

Biserni Antonia, nata alla Selva nel 1872,è morta a Selvena nel 1969.

Fonte: La mia gente, Cento anni di storia di un popolo di Lidiano Balocchi

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