Il lupo mannaro a Selvena



Era il 2 febbraio del 1952 ore quattro del mattino, dal bagno del ristorante Niccolai un uomo saltò dalla finestra e scappando cominciò ad urlare. La moglie, che era in camera con lui, si alzò e dopo aver parlato con la proprietaria, fece avvertire il dottor Montani che accorse sul posto e insieme ad altre persone si misero alla ricerca di quel signore. Seguendo le sue urla spaventose, provarono a localizzarlo, ma lui si spostava ripetutamente girando in lungo e in largo per le vie del paese. Il gruppo si spinse fino alle Dainelli sperando di trovare li quel disgraziato, quando, si sentirono nuovamente provenire delle grida in direzione della chiesa. Di corsa risalirono la stradicciola che li riportava in paese, ma quando giunsero in prossimità della meta tutto taceva. Infreddoliti, ma decisi a risolvere questo mistero, la squadra riprese l’inseguimento seguendo i “berci” che avevano ricominciato a farsi sentire. Il pover uomo, che si era nascosto all’interno di una capanna, venne finalmente accerchiato; a quel punto nessuno però ebbe il coraggio di andarlo a prendere, non sapendo a cosa sarebbero andati incontro. Uno degli inseguitori si fece coraggio, raccolse da terra un legno e si avvicinò lentamente alla capanna, chiamò lo sventurato per nome ed entrò dentro uscendo poco dopo con quella persona al fianco. Lo sfortunato era in pigiama, a torso nudo, con gli occhi sbarrati e la faccia sconvolta; grondava sudore da ogni poro della pelle. Venne coperto con alcuni stracci e dopo averlo preso sotto braccio con molta cautela, riuscirono a riportarlo all’albergo, dove la moglie lo stava aspettando. Il dottore lo visitò e gli prescrisse una cura che lo potesse aiutare nei momenti critici della sua malattia. Dopo alcune ore, l'uomo si era ristabilito ed assieme alla sua compagna, si incamminarono verso Montebuono (loro paese natio). Da alcune persone di quel luogo, si seppe poi che la malattia di cui soffriva, lo perseguitò per diverso tempo. Si racconta, che quando era preda di questi attacchi, sentiva un gran calore addosso, un fuoco dentro di sè che lo faceva impazzire. Era costretto a fuggire in cerca di acqua che gli calmasse quei bruciori, che gli procuravano dei dolori lancinanti, facendolo ululare come una bestia.

Fonte: Viaggio nei ricordi del nostro paese, Selvena dal 1900 ad oggi di Stefano Fontani

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